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T-shirt a 2 euro: sicuro di volerla comprare?


Berlino, Alexanderplatz. Alcune persone sono incuriosite da un box turchese che contiene t-shirt impacchettate. Il costo? Due euro. Vorrai mica farti scappare l’affare? Due euro, l’equivalente di due caffè e ti porti a casa una maglietta. Con sorpresa, però, e non solo perché le t-shirt in questione sono chiuse in un sacchetto, ma per la storia che ognuna di esse porta con sé. Come quella di Manisha, che insieme a milioni di lavoratori impiegati nelle aziende tessili di gran parte dell’Asia orientale, per produrre i nostri abiti a basso costo lavora 16 ore al giorno per 13 centesimi di euro all’ora. O come la triste storia delle 1.138 vittime del crollo del Rana Plaza, che morirono sepolte dalle macerie sul posto di lavoro.

Il video termina con una scelta: vuoi ancora comprare la maglietta o donare i due euro? Un esperimento pensato da Fashion Revolution Day per sensibilizzare il consumatore su quello che si cela dietro a capi dai prezzi stracciati, ovvero situazioni lavorative disumane, salari al di sotto della soglia minima sindacale e sfruttamento del lavoro minorile. Un argomento non nuovo, che è trattato dai paladini della lotta ai diritti civili tanto quanto da celebri fashion blogger.

Un cambiamento è possibile, anzi, necessario e passa proprio dalle scelte critiche di noi consumatori:

Il consumo può essere un’arma formidabile per costringere le imprese a comportamenti migliori, perché i consumatori hanno potere di vita o di morte su di loro. (Francesco Gesualdi)